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La coordinazione genitoriale è un processo di risoluzione delle controversie familiari, conseguenti alla cessazione del rapporto di coppia tra i genitori, che ha quale obiettivo la salvaguardia dei bisogni ed interessi dei figli minori, dei genitori e della famiglia.
Viene proposto quando la conflittualità tra i genitori può costituire fonte di rischio per la salute e la crescita dei figli.
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Presso lo Studio Pedagogico Pavese, sono in essere percorsi di Coordinazione Genitoriale.
La sinergia collaborativa con la Dott.ssa Giuliana Passante,
arricchisce lo spettro dei percorsi sulla Coordinazione Genitoriale.
Il Coordinatore Genitoriale: chi è?
Il Coordinatore Genitoriale assume il compito di favorire, da una posizione di imparzialità, indipendenza e neutralità, la comunicazione tra i genitori ed il passaggio di informazioni tra loro, ma non è un mediatore perché il suo ruolo è orientato ad aiutare i genitori a prendere decisioni tempestive ed adeguate nell’interesse dei figli. Interviene infatti per aiutare i genitori a realizzare un progetto di genitorialità condivisa con specifica possibilità di proporre raccomandazioni nelle scelte relative alla salute, educazione e formazione dei figli.
In particolare, assiste i genitori – nell’ambito delle decisioni già assunte da loro o delle statuizioni dell’autorità giudiziaria - nell’attuazione del calendario delle visite da parte del genitore, con cui non sono residenti, anche proponendo eventualmente modifiche alla regolamentazione delle visite e assistendoli nella sperimentazione delle modalità di visita più utili, agevola la comunicazione e l’interscambio tra i genitori anche coordinando l’intervento di eventuali servizi o professionisti a sostegno del progetto genitoriale (es. assistenti sociali, psicologi, educatori, pedagogisti, insegnanti, medici ecc.), promuove occasioni di sostegno alla genitorialità, favorendo la possibilità dei genitori di trasformare il loro legame in senso collaborativo ed utile alla crescita dei loro figli.
Il coordinatore genitoriale è un professionista formato alla gestione del conflitto familiare che interviene per facilitare la comunicazione e la negoziazione tra i genitori e l’adozione di decisioni tempestive, per la formulazione e l’attuazione di un piano genitoriale adeguato alle necessità della famiglia e dei figli minori, per proteggere e preservare una relazione genitore-bambino sicura e significativa.
Il coordinatore genitoriale interviene solo dietro consenso e mandato congiunto dei genitori.
Le parti partecipano al procedimento con il necessario ministero dei loro avvocati.
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𝗗𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗿𝗶𝘀𝗶 𝗮𝗹 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗹𝗶𝘁𝘁𝗼: 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗲𝘃𝗼𝗹𝘂𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗽𝗽𝗶𝗮
Cosa significa essere una coppia genitoriale? Purtroppo, non esiste un manuale per essere dei bravi genitori, ma forse, prima di ciò sarebbe importante interrogarsi su cosa significa 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝗰𝗼𝗽𝗽𝗶𝗮, e sulle dinamiche che in certe situazioni, possono generare in un vero e proprio 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗹𝗶𝘁𝘁𝗼 𝗳𝗮𝗺𝗶𝗹𝗶𝗮𝗿𝗲.
Il 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗽𝗽𝗶𝗮, ad un certo punto della storia evolutiva, può incanalarsi verso una crisi e far sì che i coniugi o genitori prendano strade differenti. Spesso accade che la “rottura della coppia” faccia scaturire tutta una serie di tensioni ed emozioni intra-personali e interpersonali, non facilmente gestibili.
Il 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗹𝗶𝘁𝘁𝗼, di per sé, non è né positivo né negativo, ma necessario al cambiamento stesso della coppia. Ciò che davvero è importante è cercare di convogliare le energie che esso produce, verso un fine maggiormente costruttivo e cooperativo.
Tuttavia, quando ciò non avviene, ovvero quando la crisi “rompe il patto” della coppia, allora la separazione che ne consegue rappresenta un evento altamente traumatico, che spesso le parti in causa non sono in grado di gestire: fallimento, senso di colpa, sentimenti di rabbia, sono tra i principali effetti che ne scaturiscono.
Ma perché una coppia, ad un certo punto della loro unione, può entrare in crisi?
Partiamo dal presupposto che la coppia è formata da esseri umani e che questi sono soggetti a continui passaggi evolutivi e di trasformazione.
Banalmente, anche l’unione che nasce tra due persone viene continuamente sottoposta a tali cambiamenti che rappresentano il ciclo di vita e che vanno a minare l’equilibrio interno che la coppia ha creato. Tutto ciò, porta alcune coppie a vivere un momento di forte tensione, fra la necessità del cambiamento (evoluzione) e il naturale istinto di conservazione.
Quando e perchè rivolgersi ad un Coordinatore Genitoriale?
- La rinegoziazione del rapporto che ogni membro della coppia ha con il suo sistema di appartenenza originario. Quando una coppia decide di andare a vivere assieme (matrimonio o convivenza) deve necessariamente allontanarsi dal proprio nucleo familiare di origine e stabilire dei confini rispetto ai sistemi di provenienza. Questo primo passaggio evolutivo, è fondamentale per la stabilità futura della coppia, ma non è sempre facile da gestire con la dovuta maturità e potrebbe generare un conflitto.
- La nascita di un figlio, che trasforma il sistema da coppia a triade e che genera una serie di cambiamenti importanti, minando l’equilibrio dei neogenitori. La madre e il neonato creano in automatico un sottosistema che dovrà poi diventare parte integrante del sistema famiglia. Questo passaggio evolutivo non avviene mai in maniera così automatica: il padre potrebbe sentirsi escluso da questo rapporto e ciò porterebbe la coppia ad affrontare un forte momento di crisi, che spesso non sono in grado di gestire e superare, se non supportate.
- Fase adolescenziale dei figli e la relativa gestione dei loro spazi, all’interno del sistema famiglia. La crescita dei figli, infatti, sottopone la coppia genitori a importanti cambiamenti che partono da una difficoltà di comunicazione intergenerazionale e che poi ricadono inevitabilmente nella coppia. Vanno ridefiniti i ruoli e modificati gli equilibri e spesso la coppia non è pronta a tale cambiamento, che genera una crisi.
- Figli fuori di casa e genitori che avvertono il “senso di smarrimento”. Ancora una volta la coppia si ritrova a dover affrontare un nuovo cambiamento, dopo anni di continua evoluzione e adattamento. In questa fase, definita anche “sindrome del nido vuoto”, la coppia si trova costretta ad affrontare anche tutte quelle problematiche che negli anni precedenti hanno accantonato (per esempio l’essere andati avanti per inerzia, per la felicità dei figli, il non amarsi più…).
Insomma, alla luce di tutte queste criticità appare chiaro come sia difficile per una coppia mantenere un costante equilibrio durante tutta la loro vita assieme e che alcuni eventi possono scaturire una crisi, così forte da generare in una vera e propria rottura.
Normalmente non è mai un solo evento a generare il conflitto, ma un insieme di fattori che portano la coppia vivere un malessere continuo nel tempo che, nonostante i tentativi di risoluzione non solo non hanno mitigato la crisi ma addirittura alimentato i problemi.
Purtroppo, la crisi della coppia e le dinamiche conflittuali che ne conseguono, creano un profondo malessere nei figli, sempre più spesso triangolati e manipolati all’interno di tali dinamiche.
È importante sottolineare che dalla crisi se ne può uscire e che il conflitto può essere trasformato anche in un momento di crescita personale della coppia.
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Il TpM
In Italia i Tribunali per i Minorenni vengono istituiti nel 1934, secondo la tripartizione delle "competenze" -tuttora vigente- in penale, civile e amministrativa.
Nel 1942 entrano in vigore il nuovo codice civile e il codice di procedura civile. Il primo innova il diritto di famiglia e istituisce la funzione dei giudice tutelare, che raccoglie l’eredità del Consiglio di famiglia; il secondo disciplina i procedimenti in camera di consiglio con norme tuttora vigenti.
Nel 1948 con l'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica, che contiene disposizioni di grande rilievo per il diritto di famiglia e dei minori (artt. 2, 10, 30-32, 34, 38), ma bisogna attendere il 1956 (L. 25/71956 n.888), per vedere una riforma, che, oltre a portare a due il numero dei componenti onorari (un uomo e una donna) nel collegio, innova profondamente la competenza amministrativa, detta altrimenti "rieducazione", per i minori irregolari per condotta o per carattere, incentrata su un doppio ordine di misure: l’affidamento al servizio sociale del Ministero di giustizia (istituito nel 1962 con L. n.1085) e il collocamento in casa di rieducazione.
La rieducazione dei minorenni, come impostata da tale riforma, non ha lunga durata. Già alla fine degli anni ‘60 (il ‘68) è in piena crisi. Si fa sempre più strada l’idea che solo la prevenzione "paga".
Ed è una legge di portata storica (L. 5/6/67 n.431), che, nel solco di tale filosofia, introduce la più radicale delle prevenzioni: l’adozione speciale (oggi, legittimante) dei minori abbandonati, rivolta principalmente a quelli ricoverati negli istituti, molti dei quali, facendosi grandi, popolavano i riformatori e le patrie galere.
Gli anni ‘70, che si aprono con l’istituzione delle Regioni (il tema della prevenzione è fortemente connesso al territorio ed ai poteri che vi si costituiscono), sono una stagione di grandi riforme che interessano i minorenni: l’istituzione degli asili-nido (1971), il divorzio (1970) e, successivamente, l’aborto (1978), l’istituzione dei consultori familiari (1975), la riforma penitenziaria (1975) e quella sanitaria (1978), ma soprattutto la riforma del diritto di famiglia (L. 19/5/75 n.151), che ha innovato ampiamente la nostra materia, realizzando il principio della parità dei coniugi e centrando sull’interesse del minore la regolazione di molteplici istituti del diritto di famiglia (tra l’altro, ha abbassato il conseguimento della maggiore età ai 18 anni).
In ambito penale, la vera svolta si ha nel 1998 D. P. R. R. n° 448 "Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni", di cui riportiamo gli articoli più rilevanti
- 1. Principi generali del processo minorile
Nel procedimento a carico di minorenni si osservano le disposizioni del presente decreto e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale. Tali disposizioni sono applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne. Il giudice illustra all’imputato il significato delle attività processuali che si svolgono in sua presenza nonché il contenuto e le ragioni anche etico-sociali delle decisioni.
2. Organi giudiziari nel procedimento a carico di minorenni
Nel procedimento a carico di minorenni esercitano le funzioni rispettivamente loro attribuite, secondo le leggi di ordinamento giudiziario:
a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;
b) il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni;
c) il tribunale per i minorenni;
d) il procuratore generale presso la corte di appello;
e) la sezione di corte di appello per i minorenni;
f) il magistrato di sorveglianza per i minorenni.
Il Tribunale per i Minorenni di Milano
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Quel “fare” mafioso dilatato…
Gomorra, secondo la narrazione Biblica, è la città che insieme a Sodoma fu distrutta da Dio, per la corruzione dei suoi abitanti.
Roberto Saviano, nell'omonimo libro, descrive la corruzione e il malaffare camorristico presente e radicato nei territori partenopei, usando proprio come metafora e parallelo, la città narrata nella Genesi, fotografando con dovizia di particolari, un mondo singolare e al tempo stesso interessante, sia sotto il profilo Criminologico, sia Pedagogico.
Un mondo dove i modelli educativi funzionano per emulazione e la sete di potere permea le persone, fin dalla fanciullezza.
Saviano descrive faide tra clan, sparatorie e ragazzini reclutati precocemente (13-14 anni) dal “Sistema”, che a 17, diventano “capo zona”, ai quali si conferisce "potere" e si deve "rispetto".
Un contesto dove il traguardo primo, è avere il "ferro" (arma da fuoco), e il traguardo secondo, saperlo usare.
Un modello di insegnamento amplificato e dispensato nelle fiction televisive dell'ultim'ora come "Gomorra: la serie", a colpi di filosofia: "l'omm che po fà a min e' tutt, no tiene paura e 'nient" (l’uomo che può fare a meno di tutto, non ha paura di nulla), oppure: “Vien cà, vienet a piglià o’ perdono”.
Fare i conti con la realtà
Nonostante l'enorme eco della fiction e delle innumerevoli parodie, che vedono Salvatore Conte tra i suoi protagonisti, la realtà è però tristemente meno filosofica e più ricca di piombo e disperazione, di omertà e connivenze; la Camorra è considerata una delle maggiori organizzazioni criminali del mezzogiorno, matrice di affari loschi e generatrice di un PIL alternativo dalle dimensioni incalcolabili.
Un "sistema" dove edilizia ed appalti, racket e gioco d'azzardo, droga, traffico di armi ed esseri umani, smaltimento di rifiuti, lavoro nero nel settore dell’abbigliamento, controllo dell’immigrazione clandestina, diventano fonte di reddito parallela per migliaia di persone, in una realtà dove la disoccupazione dilaga.
Tipica è la frase: "song i sord ca fann l'omm onest", a certificare la diretta relazione tra potere e danaro e la continua necessità di trovare una collocazione di "facciata" nella società civile.
E' funzionale a questo, lo stretto legame con il potere politico, il quale consente il controllo delle più rilevanti attività economiche locali, in particolare modo nelle province di Napoli e Caserta, alzando l'asticella della tolleranza sociale di cui ha un forte bisogno.
La camorra conta migliaia di affiliati divisi in oltre 200 famiglie attive in tutta la Campania e oltre i confini regionali e nazionali.
Interi quartieri come ad esempio "Scampìa" sono considerati vere e proprie roccaforti.
Scampìa quartiere alla periferia nord di Napoli, tra Secondigliano e Melito, al crocevia tra le province di Caserta, Avellino e Benevento, con i suoi oltre 40.000 abitanti e un'urbanizzazione particolare, situata a cavallo tra l'abusivo e il disperato, con abitazioni dalle caratteristiche non propriamente a "misura d'uomo", dove l'isediamento della società civile e dei Servizi, fatica a realizzasi.
A Scampia c'è uno dei tassi di disoccupazione più alti d'Italia, pari al 60 -75% della popolazione attiva.
Arruolamento e debito di riconoscenza
In questo contesto e con tali prerogative, non è difficile incrociare in qualunque fascia d'età, quel fare mafioso tipico del Camorrista, che mette in evidenza la ricchezza di contraddizioni, fatte di devozione religiosa e violenza, paternalismo commovente e benevolo e spaccio di droga.
Si presentano come “benefattori” offrendo protezione e servigi non richiesti, verso i quali unilateralmente, stipulano un contratto non scritto avente come unico scopo, l’affiliazione e la conseguente richiesta di un debito di riconoscenza che fa scaturire a posteriori frasi del tipo:
- con tutto quello che abbiamo fatto x te
- vai a far del bene…
oltre Scampia...
Oltre Scampia, sta ad indicare che sempre più spesso, comportamenti di questo tipo, è possibile riscontrarli anche in ambienti tipicamente non criminali, anzi, ambienti il più delle volte "perbene".
Una domanda sorge spontanea: si è Camorrizzata parte della Società cosidetta "Borghese" o si è imborghesita la Camorra?
Forse la risposta più appropriata anche se non scientificamente provata, è che questi due fenomeni, si complementano vicendevolmente e parti dell'uno, si compenetrano nell'altro.
Si riscontrano così atteggiamenti paradossali nelle relazioni interpersonali e il paradosso consiste nel fatto che gratuità e benevolenza sono il mezzo e la presenza dell’altro, il fine, strumentale al soddisfacimento del bisogno narcisistico.
Una forma di dipendenza interpersonale, accompagnata ad un disequilibrio nelle relazioni che possono andare dalla simbiosi (fusione con la persona), fino ad arrivare al totale distanziamento dalle stesse (appiattimento affettivo).
In sintesi, una completa diseducazione ai sentimenti.
Dal punto di vista più “macro sociale”, queste persone, nutrono un alto livello di permanente rabbia e gelosia; sono in costante competizione con il mondo e gli è particolarmente difficile, tollerare la frustrazione della sconfitta.
Si circondano/accoppiano/accompagnano con soggetti simili, rinforzandosi vicendevolmente, credendo in profondità nel disegno delirante e salvifico che mettono in atto; si vestono da paladini della moralità, pronti ad attivare una guerra santa verso chiunque identifichino come trasgressore.
Rispondono alle richieste generiche di relazione, in modo leggermente presenzialista, ma socialmente desiderabile; vanno a messa e sono anche capaci di commuoversi su acerrimi nemici di un tempo, ora defunti.
Cambiano frequentemente “bandiera” e coloritura politica in base alla convenienza, attraverso un trasformismo magistrale.
Ostentano conoscenze di cui non dispongono, millantando credito in ogni occasione (nascondendo in realtà una bassa autostima).
Disforici, emotivamente labili, possono più facilmente soffrire di ansia e depressione; attribuiscono la colpa sempre gli altri o alle circostanze esterne, su qualsiasi cosa gli accada.
Pur di ottenere il risultato disegnato, non si fanno scrupoli se c’è da danneggiare altre persone, mantenendo un livello molto basso di “carenza del senso di colpa“, tale da rasentare misurazioni particolarmente vicine a quella che in psichiatria, viene chiamata “patologia grave del Super Io”.