Il TpM
In Italia i Tribunali per i Minorenni vengono istituiti nel 1934, secondo la tripartizione delle "competenze" -tuttora vigente- in penale, civile e amministrativa.
Nel 1942 entrano in vigore il nuovo codice civile e il codice di procedura civile. Il primo innova il diritto di famiglia e istituisce la funzione dei giudice tutelare, che raccoglie l’eredità del Consiglio di famiglia; il secondo disciplina i procedimenti in camera di consiglio con norme tuttora vigenti.
Nel 1948 con l'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica, che contiene disposizioni di grande rilievo per il diritto di famiglia e dei minori (artt. 2, 10, 30-32, 34, 38), ma bisogna attendere il 1956 (L. 25/71956 n.888), per vedere una riforma, che, oltre a portare a due il numero dei componenti onorari (un uomo e una donna) nel collegio, innova profondamente la competenza amministrativa, detta altrimenti "rieducazione", per i minori irregolari per condotta o per carattere, incentrata su un doppio ordine di misure: l’affidamento al servizio sociale del Ministero di giustizia (istituito nel 1962 con L. n.1085) e il collocamento in casa di rieducazione.
La rieducazione dei minorenni, come impostata da tale riforma, non ha lunga durata. Già alla fine degli anni ‘60 (il ‘68) è in piena crisi. Si fa sempre più strada l’idea che solo la prevenzione "paga".
Ed è una legge di portata storica (L. 5/6/67 n.431), che, nel solco di tale filosofia, introduce la più radicale delle prevenzioni: l’adozione speciale (oggi, legittimante) dei minori abbandonati, rivolta principalmente a quelli ricoverati negli istituti, molti dei quali, facendosi grandi, popolavano i riformatori e le patrie galere.
Gli anni ‘70, che si aprono con l’istituzione delle Regioni (il tema della prevenzione è fortemente connesso al territorio ed ai poteri che vi si costituiscono), sono una stagione di grandi riforme che interessano i minorenni: l’istituzione degli asili-nido (1971), il divorzio (1970) e, successivamente, l’aborto (1978), l’istituzione dei consultori familiari (1975), la riforma penitenziaria (1975) e quella sanitaria (1978), ma soprattutto la riforma del diritto di famiglia (L. 19/5/75 n.151), che ha innovato ampiamente la nostra materia, realizzando il principio della parità dei coniugi e centrando sull’interesse del minore la regolazione di molteplici istituti del diritto di famiglia (tra l’altro, ha abbassato il conseguimento della maggiore età ai 18 anni).
In ambito penale, la vera svolta si ha nel 1998 D. P. R. R. n° 448 "Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni", di cui riportiamo gli articoli più rilevanti
- 1. Principi generali del processo minorile
Nel procedimento a carico di minorenni si osservano le disposizioni del presente decreto e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale. Tali disposizioni sono applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne. Il giudice illustra all’imputato il significato delle attività processuali che si svolgono in sua presenza nonché il contenuto e le ragioni anche etico-sociali delle decisioni.
2. Organi giudiziari nel procedimento a carico di minorenni
Nel procedimento a carico di minorenni esercitano le funzioni rispettivamente loro attribuite, secondo le leggi di ordinamento giudiziario:
a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;
b) il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni;
c) il tribunale per i minorenni;
d) il procuratore generale presso la corte di appello;
e) la sezione di corte di appello per i minorenni;
f) il magistrato di sorveglianza per i minorenni.
Il Tribunale per i Minorenni di Milano