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Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia
L’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia è composta da Magistrati Ordinari che svolgono funzioni in materia di diritto delle persone e della famiglia e da Magistrati Ordinari e Onorari, che hanno uno specifico interesse culturale ai problemi dei minorenni e della famiglia.
L’AIMMF si propone di:
- tutelare e promuovere i diritti dei minorenni e della famiglia;
- far conoscere e mettere in comune le esperienze concrete e gli approfondimenti culturali nel campo dell’attività giudiziaria minorile e familiare;
- operare per l’attuazione diretta e la promozione di una formazione specializzata dei magistrati che svolgono funzioni minorili e familiari;
- studiare e proporre modifiche legislative e progetti sociali relativi ai minorenni e alla famiglia;
- promuovere incontri fra i magistrati che esercitano funzioni giurisdizionali minorili e familiari e fra essi e cultori delle scienze umane e operatori sociali
è CENTRO per la GIUSTIZIA RIPARATIVA
in seno al Progetto
-non6solo-
Presso il CENTRO per la GIUSTIZIA RIPARATIVA,
sono attivi, percorsi mirati e personalizzati.
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di percorsi specifici su Legalità e Giustizia Riparativa
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Dalla giustizia "retributiva"
alla "prevenzione civica",
passando dalla giustizia "riparativa"
Il fenomeno della "dispersione scolatica"
Prendiamo in considerazione il fenomeno della dispersione scolastica, quele elemento presupposto principale per vincolare una progettualità di vita (istruzione e lavoro) e favorire processi di devianza.
La dispersione scolastica come potete osservare dallo schema sottostante, si distingue in Esplicita e in Implicita.
La media totale, fatte le debite considerazioni distintive tra maschie e femmine e soprattutto, tra le varie regioni d'Italia, il quadro che ne emerge, è particolarmente serio.
-100 passi-
Iniziamo con il coro del Liceo Ginnasio "Maurolico" di Messina.
Ragazzi stupendi, interpretano in forma corale, il brano "100 passi" dei Modena City Ramblers, colonna sonora dell'omonimo film dedicato a Peppino Impastato, vittima della mafia
Ragazzi che donano speranza a una terra ancora dilaniata dall'illegalità.
La Sicilia che non ha paura, l'Italia che mi piace!
Legare il reato alla detenzione è la forma più classica di quella che viene chiamata "giustizia retributiva”. Ovvero, risarcire il danno commesso, con la privazione della libertà. Punizione commisurata alla gravità del reato commesso.
GIUSTIZIA “RETRIBUTIVA”
la pena serve a compensare o retribuire il male arrecato alla società con l’atto criminoso, in tal senso implica l’idea di proporzione tra entità della sanzione e gravità dell’offesa arrecata, tra la misura della pena e il grado della colpevolezza.
La cultura che si è sviluppata attorno a questo concetto, purtroppo, mette in evidenza anche gli enormi limiti e contraddizioni insiti in esso:
a) illusoria soddisfazione (adesso che lo abbiamo beccato, lo rinchiudiamo e buttiam via la chiave...")
b) inutile ed esagerata attenzione verso il Reo
c) assoluta e mancanza di attenzione verso la Vittima
d) detenzione come amplificatore di delinquenza, ovvero, difficilissima l'opera di riabilitazione...
Nonostante ciò, è nel mondo la formula più rappresentativa.
Basterebbe riflettere su quanto inutile, dannosa e dispendiosa sia questa formula per la Società e su quanto difficoltoso sia aderire a modelli diversi, come ad esempio la giustizia “rieducativa” e "riparativa".
GIUSTIZIA “RIEDUCATIVA"
A partire dall’art.27 della Costituzione (“le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”) si delinea una concezione della pena che deve tendere a recuperare il reo, favorendo le opportunità di reinserimento sociale, correggendo l’antisocialità e adeguando il comportamento alle regole giuridiche.
GIUSTIZIA “RIPARATIVA”
Lo scopo del diritto penale non è più (o non solo) quello di punire il reo e neppure quello di rieducarlo, per reinserirlo “sanato” nella società, ma quello di metterlo nelle condizioni di riparare nei limiti del possibile le conseguenze del reato, di risanare – non solo risarcire - il danno provocato, pertanto, si pone come strumento di tutela in favore di persone (minori o adulti), convolte in procedimenti giudiziari sia in qualità di autori di condotte antigiuridiche, sia di vittime in quanto parti offese.
La giustizia riparativa quindi, opera azioni di recupero e rieducazione comportamentale, restaurando un equilibrio tra autore di reato e vittima; un modello di giustizia fondata sulla interazione tra autore e vittima, in cui, l'obiettivo primario è quello di promuovere la riparazione del danno causato alla persona offesa, preliminarmente, prendendo coscienza sul disvalore delle azioni compiute e in sequenza, attivando un coinvolgimento partecipativo tra le parti. Cosa, per nulla scontata e sempre attivabile sia per legittime resistenze della persona offesa, sia per il lento attechire della consapevolezza sull'autore.
Per questi motivi, senza demordere dal perseguimento dell'obbiettivo, diventa ancor più radicale e necessario, attivare azioni a carattere preventivo, tese a intercettare il fenomeno nelle sue tante variabili e fattori di rischio.
Significa agire prima e agire contro cause e fattori di rischio, finalizzando gli interventi a favore di un rapporto adolescente/società fondato sulla cultura della legalità.
Devianza, violenza e aggressività anticipate, contenute e riportate in un alveo dove possano essere diluite e gestite.
Per queste ragioni, lo Studio Pedagogico Pavese, ha elaborato metodi e strumenti in favore della giustizia riparativa,a fronte delle attività svolte sia nel settore della pedagogia scolastica, sia in ambito criminologico, basandosi sul concetto che colloca la devianza, direttamente collegata alla dispersione scolastica e alla povertà educativa.
Per usare uno slogan del SPP: "la devianza, è un effetto collaterale di un'educazione mancata".
Per questo motivo, sosteniamo fortemente che: un buon progetto educativo e di vita, previene, contiene o annulla, il rischio di devianza.
Le Istituzioni deputate all’Educazione Scolastica, superando il concetto di Istruzione intesa in senso riempitivo e “addestrativo”, ma volendo mettersi al servizio del giovane ricollocandosi nella naturale dialettica tra Educare e Insegnare, nel lontano 1993 (dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio), allestirono un dispositivo molto interessante che riporto integralmente:
"Educare alla legalità significa elaborare e diffondere un'autentica cultura dei valori civili.
Si tratta di una cultura che intende il diritto come espressione del patto sociale, indispensabile per costruire relazioni consapevoli tra i cittadini e tra questi ultimi e le istituzioni; consente l'acquisizione di una nozione più profonda ed estesa dei diritti di cittadinanza, a partire dalla consapevolezza della reciprocità fra soggetti dotati della stessa dignità; aiuta a comprendere come l'organizzazione della vita personale e sociale si fondi su un sistema di relazioni giuridiche; sviluppa la consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà, solidarietà, sicurezza, non possano considerarsi come acquisite per sempre, ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette".
(Circolare Ministero Pubblica Istruzione, 302/1993)
A circa 20 anni di distanza, uno degli artefici di molte lotte alla criminalità, Gherardo Colombo, scrive:
"Educare non è facile. Non è facile per i genitori, che spesso si trovano a svolgere questo delicatissimo compito avendo come riferimento pochi e approssimativi principi trasmessi dai loro genitori, principi non sempre coerenti con quel che si riceve attraverso altre vie; non è facile per gli insegnanti, ai quali spesso nessuno a insegnato a insegnare.
Educare non è facile in genere; non è facile per quel che riguarda le regole e il loro mondo, quasi sempre dato per scontato, quasi mai approfondito, per certi versi sconosciuto."
(Educare alla Legalità, Salani Editore - 2011)
Basta comparare le due citazioni, per rendersi conto di quanto impegnativo possa essere il processo di recupero culturale da effettuarsi nella Società.
A tutto questo, come se non bastasse da ormai un triennio in forma più o meno virulenta, si è aggiunta la "crisi economica", la quale purtroppo, funge sia da moltiplicatore e megafono della rabbia Sociale, sia da zavorra ai processi di revisione Culturale.
Interpretare il disagio significa darsi strumenti di approccio adeguati; strumenti per comprenderlo, individuarne le forme, fissarne le tipologie e saper agire "nel caso".
Questo implica, prima di tutto, una spinta comunicativo-informativa capace di permeare le sensibilità delle Istituzioni e giungere efficacemente ai destinatari.
Comunicazione, Informazione, Formazione a carattere scientifico orientata su versanti che contemplino le aree: psicologica, sociologica, pedagogica.
La psicologia ci aiuta a fissare i tipi di disagio; la sociologia a leggerne anche le radici e le dinamiche sociali; la pedagogia a legare tali nozioni al caso e ad assumere un atteggiamento produttivo rispetto ad esso, di comprensione e di trattamento insieme.
Su queste premesse metodologiche, viene spontaneo domandarsi quali strade, percorsi, iniziative, sia opportuno progettare e portare avanti.
La risposta si posiziona su un concetto fondamentale, la Prevenzione e si dirama in tre filoni specifici, attraverso interventi a carattere formativo/informativo, mirati e rivolti a:
-Studenti
-Insegnanti
-Genitori
Nella sezione "eventi e progetti", si possono trovare alcuni e utili esempi a carattere formativo-informativo.
Banditi e Campioni
Luigi Grechi De Gregori
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di percorsi specifici su Legalità e Giustizia Riparativa
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Vittimologia
In Criminologia, la vittima di un crimine è una persona che ha subito un danno direttamente da un autore di un reato, piuttosto che da tutta la società nel suo insieme.
Da qui, la necessità di dedicare ad un settore specifico, tutta ciò può essere connesso alle vittime di reato.
Nasce così la vittimologia, ovvero, la disciplina che studia la relazione esistente tra vittima e aggressore, tra vittima e sistema giudiziario (polizia, magistratura, amministrazione penitenziaria) e tra vittima e altre istituzioni, quali mass media, gruppi d'interesse e associazioni, comprese anche forme di violazione dei diritti umani.
L'Associazione "i-care"
Rabbia e Rabbia Sociale
La rabbia in senso generale, è un'emozione tipica della Persona, tra le più precoci ad essere manifestata, alla pari della gioia e del dolore.
Con la rabbia si mobilitano risposte agli eventi, sottoforma di reazione per affrontare situazioni ritenute “sfavorevoli”.
E’ possibile ricondurre la rabbia a diverse terminologie e diversi livelli:
- livello hard (ad alta intensità spesso agita): collera, esasperazione, furore ed ira;
- livello soft (bassa intensità, spesso subita): irritazione, fastidio, impazienza.
Naturalmente sia essa soft, sia hard, si tratta di un'esperienza forte e molto comune che ognuno vive secondo le proprie specificità individuali.
Nel conflitto, specie interpersonale, la rabbia compare come elemento perturbante che spesso impedisce la relazione e il confronto; la gestione emotiva della rabbia è pertanto una necessità imprescindibile per poter affrontare i conflitti con competenza ed efficacia.
La morale antica non ha esitato a collocare la rabbia (mix di ira e collera), nel novero dei sette vizi capitali.
Richiama il Filosofo Umberto Galimberti, citando a sua volta Aristotele:
“i vizi capitali, al pari delle virtù, derivano dalla ripetizione di azione che formano nel soggetto un “abito” o una seconda natura, che inclina l’individuo in una certa direzione.”
Possiamo identificare una rabbia “costruttiva” e una rabbia “distruttiva” in base alla capacità di autocontrollo che siamo capaci di mettere in campo.
Nella sua forma costruttiva, pone l’individuo di fronte alla mobilitazione di risorse “positive” tendenti di solito, a potenziare la determinazione verso la correzione dei comportamenti sbagliati, la promozione di una giustizia sociale, la comunicazione di sentimenti negativi sulle controversie.
L’uomo non è fatto soltanto di fredda razionalità e di calcolata volontà, come pensavano gli storici antichi e nuovi.
La passione appartiene alla natura umana e l’ideale morale non consiste nel farla tacere, ma ne darle la giusta direzione.
Criminologia Forense
“La Criminologia è la scienza che studia i reati, gli autori, le vittime, i tipi di condotta criminale, la conseguente reazione sociale e le forme possibili di controllo e prevenzione."
Nell’ambito della valutazione del disagio (giovanile e non), è possibile sviluppare progetti e percorsi formativo-informativi, di educazione sociale a carattere preventivo, orientati alla valutazione, presa di coscienza e contenimento, di fenomeni tipici quali:
- Stalking
- Bullismo
- Violenza Domestica
ri-educare è...
...focalizzare lo sguardo sulla visione del mondo del soggetto, al fine di individuarne i limiti, eventuali lacune e incrinature e consentirgli di acquisire una migliorata condizione.