In questa sezione, troverete una serie di "vignette" e "brani musicali" ad alto impatto Socio-Educativo, utili per sviluppare pensiero critico e riflessioni.
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-bufalo e locomotiva-
Molto spesso capita che riavvolgendo il nastro della nostra vita, inciampiamo in episodi nei quali non riconosciamo noi stessi; siano essi ricordi piacevoli oppure brutte esperienze. Mettere a confronto come fotogrammi speculari, pezzi di vita vissuta, ci può aiutare non solo a prenderne coscienza, ma soprattutto, può anche essere l’occasione per esprimere criticamente un giudizio. Saper utilizzare al meglio le nozioni matematiche non solo come aggregato di numeri e insieme di formule, ma come complemento mentale al leggere e scrivere. In pratica, un saper far di conto (con se stessi), capace di andare oltre i numeri. Un’occasione da saper cogliere. Condizionale e fattibile, soltanto se nel frattempo è avvenuto un processo maturativo tale da consentirne l’espressione. Un fenomeno che possiamo leggere in senso 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗮𝗹𝗴𝗶𝗰𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘁𝗿𝗶𝘀𝘁𝗲, guardandolo con gli occhi di “bufalo bill” di De Gregori quando cita: “𝘢𝘷𝘦𝘷𝘰 𝘱𝘰𝘤𝘩𝘪 𝘢𝘯𝘯𝘪 𝘦 𝘷𝘦𝘯𝘵'𝘢𝘯𝘯𝘪 𝘴𝘦𝘮𝘣𝘳𝘢𝘯 𝘱𝘰𝘤𝘩𝘪, 𝘱𝘰𝘪 𝘵𝘪 𝘷𝘰𝘭𝘵𝘪 𝘢 𝘨𝘶𝘢𝘳𝘥𝘢𝘳𝘭𝘪 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘭𝘪 𝘵𝘳𝘰𝘷𝘪 𝘱𝘪𝘶̀”, oppure in senso 𝗰𝗿𝗶𝗺𝗶𝗻𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗼 𝗻𝗮𝗿𝗰𝗶𝘀𝗶𝘀𝘁𝗮, se penso a Dorian Gray. Cesare, uomo dall’animo sensibile e a volte fragile, lui, quello “perduto nella pioggia”, ci offre una possibile lettura terza; né nostalgica, né dissacrante ma ragionata e valorizzante. Una riflessione che al di là della leggerezza del romanzo dal quale è tratta, consente di andare oltre, lasciando spazio alla nostra immaginazione di potersi dispiegare in una sorta di empowerment sinottico posto sul piano cartesiano della vita, avente in ordinata il processo di crescita e in ascissa, il tempo. 𝗦𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: 𝘴𝘢𝘱𝘦𝘳 𝘧𝘢𝘳 𝘥𝘪 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘰
-un panno delicato-
Mi piace pensare all’utopia nella sua accezione del “guardare avanti, desiderosi di realizzare qualcosa che ancora non c’è”, piuttosto che: “qualcosa che non avverrà mai”.
L’aver bisogno degli altri, riconoscendolo a se stessi, non è né il punto di arrivo, tantomeno quello di partenza, ma la tappa intermedia di quel processo di maturazione sempre precario, che ci accompagna nella vita e che per sua natura, ci lascia incompleti e al tempo stesso, protesi verso nuovi orizzonti appunto utopici.
Ad esempio, la neve di questa notte è al tempo stesso concreta e utopica, in quanto appare come un panno delicato e tiepido sulla vita; un piumino capace di esprimere protezione e legame tra suolo e cielo. Come nelle relazioni umane quelle belle, dove contiguità corrisponde a continuità senza soluzione. Dove non importa con chi e in che dimensione, se uomo-donna, uomo-uomo, donna-donna, persona-natura, genitore-figlio, ma ciò che conta è l’esserci, per la bellezza del donarsi e del ricevere.
Fuori dal recinto dei canoni distopici e consumistici, non in alternativa ma in complementarietà, in un processo di ricerca e crescita interiore, in cui potersi ritrovare ogni volta migliorati.
Costa fatica, soprattutto perché non è facile da fare propria, senza che l’inquinamento degli stereotipi moralistici, prendano il sopravvento e abbiano la meglio.
Una riflessione educativa da leggere bene, dove la lettura da: “buona la prima”, rischia di ridurne la comprensione e la conseguente efficacia.
𝗦𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: 𝘱𝘳𝘰𝘤𝘦𝘴𝘴𝘰 𝘮𝘦𝘳𝘢𝘷𝘪𝘨𝘭𝘪𝘰𝘴𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘶𝘵𝘰𝘱𝘪𝘤𝘰
-relAzioni-
Il web e soprattutto i social web, hanno consentito che le opinioni potessero circolare liberamente, in tempi rapidissimi e spazi smisurati.Tutto ciò, secondo il principio della libertà di espressione delle idee, aggiunge un gradino di straordinaria importanza, al valore del singolo individuo.Il problema si pone, quando la pretesa di far valere la propria opinione su quella altrui, assume i caratteri della prevaricazione, condita da arroganza e inconsistenza del contenuto.
In parole povere: se si esprime una stupidaggine, non è che il suo contenuto di pensiero diventa intelligente, perché libero di essere espresso; resta sempre una stupidaggine.
Sui social web, sembra invece che questo elementare quanto fondamentale principio, venga eluso, rimpiazzato e corroborato, dalle migliaia di fonti (spesso elaborate ad hoc), alle quali pur di dare consistenza alla propria arrogante e individuale verità, ci si affilia.
Ecco allora, che con poco, si diventa esperti di tutto, all’interno di un gigantesco Bar dello Sport; un pubblico esercizio dove accedere, dire la propria e, chi alza maggiormente i toni, viene assegnata una cattedra, diventando leader.
Un contesto dove è possibile perdere con maggior facilità, raziocinio e pensiero critico, portando le relazioni umane a impoverirsi sempre più, fornendo ai novelli Pico della Mirandola, non solo, lauree come se piovesse, ma peggio ancora, donando un rinforzo straordinario a vanità e narcisismo che impone loro, una selfizzazione continuata della propria inconsistenza.
La vignetta di oggi, serve a ricordarci che la relazione umana è importante e va perseguita con impasto artigiano di acqua e sentimento, lievitati con il calore delle Persone reali; persone alle quali sta più a cuore l’essere che l’apparire, che non hanno bisogno ossessivamente di mascherare i propri limiti, con filtri artificiali non solo di tipo fotografico.
𝗦𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: 𝘢𝘳𝘵𝘪𝘨𝘪𝘢𝘯𝘢𝘵𝘰 𝘢𝘵𝘵𝘪𝘷𝘰
-𝗶𝗹 𝗯𝗿𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗱𝗼𝗺𝗲𝗻𝗶𝗰𝗮-
“𝘁𝗲𝗿𝗿𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝗮𝗻𝗰𝗼𝗿𝗮 𝗿𝗼𝗰𝗰𝗶𝗮”
Roberto Vecchioni. Uomo, Maestro, Poeta, Professore: un concentrato di quattro dimensioni, mescolate tra loro con energia e impavida potenza comunicativa.
In pochi oltre lui, sono riusciti a descrivere con la stessa passione, il profilo dell’adolescente, fatto di paure, incertezze, speranze.
In sogna ragazzo sogna (brano del 1999), esplode imponente, la evidente conoscenza del mondo adolescenziale, maturata negli oltre trenta anni come Insegnante.
Una vita professionale vicino ai ragazzi, che gli ha consentito di scrutarne i pensieri, mescolarli ai propri e restituirli sapientemente dosati, in rime e note.
Un dialogo intimo con un interlocutore immaginario, che però può vestire gli stessi jeans dia altri coetanei, indipendentemente dalla taglia.
Partendo da un’analisi conoscitiva del mondo in generale: “𝘪𝘰 𝘤𝘰𝘯𝘰𝘴𝘤𝘰 𝘱𝘰𝘦𝘵𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘱𝘰𝘴𝘵𝘢𝘯𝘰 𝘪 𝘧𝘪𝘶𝘮𝘪 𝘤𝘰𝘯 𝘪𝘭 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘪𝘦𝘳𝘰 𝘦 𝘯𝘢𝘷𝘪𝘨𝘢𝘯𝘵𝘪 𝘪𝘯𝘧𝘪𝘯𝘪𝘵𝘪, 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘱𝘢𝘳𝘭𝘢𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘪𝘭 𝘤𝘪𝘦𝘭𝘰”, passando per una esortazione ad amare l’amore, senza esporlo troppo alle intemperie di chi non potrebbe capirlo: “𝘤𝘰𝘱𝘳𝘪 𝘭'𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦, 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘰 𝘮𝘢 𝘯𝘰𝘯 𝘯𝘢𝘴𝘤𝘰𝘯𝘥𝘦𝘳𝘭𝘰 𝘴𝘰𝘵𝘵𝘰 𝘪𝘭 𝘮𝘢𝘯𝘵𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘢 𝘷𝘰𝘭𝘵𝘦 𝘱𝘢𝘴𝘴𝘢 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘤𝘶𝘯𝘰, 𝘢 𝘷𝘰𝘭𝘵𝘦 𝘤'𝘦̀ 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘤𝘶𝘯𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘦𝘷𝘦 𝘷𝘦𝘥𝘦𝘳𝘭𝘰” fino ad esplodere nel refrain, con un mix di sollecitazioni valoriali, aggregative, di riscatto e ricerca di conferme: “𝘚𝘰𝘨𝘯𝘢, 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘰 𝘴𝘰𝘨𝘯𝘢, 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘴𝘢𝘭𝘦 𝘪𝘭 𝘷𝘦𝘯𝘵𝘰 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘷𝘪𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘤𝘶𝘰𝘳𝘦, 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘶𝘯 𝘶𝘰𝘮𝘰 𝘷𝘪𝘷𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘦 𝘴𝘶𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘰𝘭𝘦 𝘰 𝘯𝘰𝘯 𝘷𝘪𝘷𝘦 𝘱𝘪𝘶̀. 𝘚𝘰𝘨𝘯𝘢, 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘰 𝘴𝘰𝘨𝘯𝘢, 𝘯𝘰𝘯 𝘭𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢𝘳𝘭𝘰 𝘴𝘰𝘭𝘰 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘳𝘰 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘮𝘰𝘯𝘥𝘰, 𝘯𝘰𝘯 𝘭𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢𝘳𝘭𝘰 𝘢𝘯𝘥𝘢𝘳𝘦 𝘴𝘰𝘨𝘯𝘢 𝘧𝘪𝘯𝘰 𝘪𝘯 𝘧𝘰𝘯𝘥𝘰, 𝘧𝘢𝘭𝘭𝘰 𝘱𝘶𝘳𝘦 𝘵𝘶. 𝘚𝘰𝘨𝘯𝘢, 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘰 𝘴𝘰𝘨𝘯𝘢, 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘤𝘢𝘥𝘦 𝘪𝘭 𝘷𝘦𝘯𝘵𝘰 𝘮𝘢 𝘯𝘰𝘯 𝘦̀ 𝘧𝘪𝘯𝘪𝘵𝘢, 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘮𝘶𝘰𝘳𝘦 𝘶𝘯 𝘶𝘰𝘮𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘢 𝘴𝘵𝘦𝘴𝘴𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢 𝘩𝘦 𝘴𝘰𝘨𝘯𝘢𝘷𝘪 𝘵𝘶. 𝘚𝘰𝘨𝘯𝘢, 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘰 𝘴𝘰𝘨𝘯𝘢, 𝘯𝘰𝘯 𝘤𝘢𝘮𝘣𝘪𝘢𝘳𝘦 𝘶𝘯 𝘷𝘦𝘳𝘴𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘵𝘶𝘢 𝘤𝘢𝘯𝘻𝘰𝘯𝘦, 𝘯𝘰𝘯 𝘭𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢𝘳𝘦 𝘶𝘯 𝘵𝘳𝘦𝘯𝘰 𝘧𝘦𝘳𝘮𝘰 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘵𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦, 𝘯𝘰𝘯 𝘧𝘦𝘳𝘮𝘢𝘳𝘵𝘪 𝘵𝘶”.
Nella frase di chiusura del brano emerge invece la prospettiva responsabilizzante: “𝘵𝘪 𝘩𝘰 𝘭𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢𝘵𝘰 𝘶𝘯 𝘧𝘰𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘴𝘶𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘤𝘳𝘪𝘷𝘢𝘯𝘪𝘢, 𝘮𝘢𝘯𝘤𝘢 𝘴𝘰𝘭𝘰 𝘶𝘯 𝘷𝘦𝘳𝘴𝘰 𝘢 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘰𝘦𝘴𝘪𝘢, 𝘱𝘶𝘰𝘪 𝘧𝘪𝘯𝘪𝘳𝘭𝘢 𝘵𝘶”.
Una incompiutezza, tesa a sollecitare la realizzazione del processo di emancipazione, capace di portare il ragazzo verso l’apertura di un nuovo capitolo della vita.
Non solo una bella canzone dalla raffinata e al tempo stesso, graffiante poetica, ma un’opera di gigantesco valore educativo, dato dall’esercizio delle parole che inducono in chi la ascolta: riflessione, presa di coscienza e valorizzazione di se stesso.
Quel se stesso che da liquido, se ben guidato, può diventare terra e anche roccia.
𝗜𝗻 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: 𝘗𝘢𝘪𝘥𝘦𝘪𝘢
“𝗡𝗼𝗶 𝗦𝗶𝗮𝗺𝗼”
Con il regio decreto 577 del 1928, vennero istituite le “classi differenziali”, destinate ad accogliere: “soggetti con anomalie o anormalità somato-psichiche”; quelle che oggi più comunemente chiamiamo disabilità.
In una Società che cresceva Balilla e Giovani Italiane, educati al culto della perfezione, non c’era posto per gli “imperfetti”. Ovvio che pare nulla, se si pensa che a Sparta (qualche millennio prima), sul monte Taigeto, si consumavano cose molto più atroci; forse sarà per questo che ancora oggi qualcuno nostalgicamente sostiene che: “𝘪𝘭 𝘧𝘢𝘴𝘤𝘪𝘴𝘮𝘰 𝘩𝘢 𝘧𝘢𝘵𝘵𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘤𝘰𝘴𝘦 𝘣𝘶𝘰𝘯𝘦”.
Le classi differenziali, ponevano fanciulli e adolescenti con disabilità (non importava il tipo), insieme, tra i propri simili, “differenziati” e distanti dagli altri.
Non ho mai capito la vera ragione dell’aggettivo “differenziale” forse perché “discriminale” suonava male e sarebbe stato un neologismo difficilmente comprensibile.
Fu grazie alla caparbietà della Senatrice Franca Falcucci, che dopo un impegnativo iter parlamentare, nel 1977, si arrivò alla abolizione di questo osceno e ghettizzante dispositivo di legge, introducendo non solo ciò che divenne poi l’Insegnante di sostegno, ma consentendo l’avvio di una cultura dell’inclusione e dell’integrazione.
Un dispositivo capace di valorizzare le potenzialità individuali di ogni Alunno, in un contesto capace di far superare la inevitabile e ben conosciuta condizione di emarginazione alla quale sarebbero stati relegati.
Un passaggio importante, che ebbe la sua massima espressione di valore civico, nella più recente e conosciuta legge 104 del 1992.
A noi tutti oggi, il dovere di mantenere alto quel senso Civico, ricordando che: “𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘦 𝘢𝘭𝘵𝘪, 𝘦̀ 𝘶𝘯 𝘥𝘰𝘯𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘯𝘢𝘵𝘶𝘳𝘢, 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘦 𝘢𝘭𝘭’𝘢𝘭𝘵𝘦𝘻𝘻𝘢 𝘦̀ 𝘶𝘯𝘢 𝘥𝘰𝘵𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘦𝘳𝘴𝘰𝘯𝘢”. Dote che è presente in ogni individuo e che ha il diritto di essere aiutata e sostenuta, attraverso il contributo di tutti, affinché possa emergere.
Il superamento del concetto di handicap, passa dalla comprensione del suo reale significato: “svantaggio”.
Svantaggio che solitamente la cultura dominante spesso ancora oggi, scarica addosso al disabile come fosse una sua colpa, omettendo con ipocrita arte, la propria incapacità di rimuovere le barriere mentali, fisiche e sociali, funzionali invece per mantenere “differenziali” distanze, creando più o meno consapevolmente, figli di un Dio minore.
Riconquistare quel senso di solidarietà, abbattendo queste barriere, rende la Società più giusta e le persone migliori.
Ripartiamo dai Bambini, facciamolo insieme a loro e la qualità del risultato sarà superiore e visibilmente apprezzabile. Come?
Educandoci a inserire nelle coniugazioni, qualche “Noi”, in sostituzione di qualche “Io” di troppo.
Questa vignetta ne è un simbolo: “𝗻𝗼𝗶 𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼”.
𝗜𝗻 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: 𝘤𝘰𝘯𝘪𝘶𝘨𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪
“𝗰𝗶 𝘃𝘂𝗼𝗹𝗲 𝘂𝗻 𝗳𝗶𝗼𝗿𝗲”
Il grande Gianni Rodari, aveva una particolare capacità nel semplificare con maestria e delicatezza, concetti complessi e ce lo ha dimostrato in ogni sillaba, consonante e parola della sua produzione.
Quando un genio delle parole incontra il genio dell’armonia, possono nascere cose straordinarie, destinate a rimanere nel tempo.
E’ il caso di: “ci vuole un fiore”, dove Rodari incontra Endrigo e insieme, cesellano con arte degna delle migliori scuole rinascimentali, un brano che al tempo stesso è: favola, filastrocca, canzone, ballata e poesia, di una bellezza rara, fin dal suo incipit: “𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘴𝘦 𝘥𝘪 𝘰𝘨𝘯𝘪 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰 𝘳𝘢𝘤𝘤𝘰𝘯𝘵𝘢𝘯𝘰 𝘴𝘦𝘨𝘳𝘦𝘵𝘪, 𝘤𝘩𝘪 𝘭𝘦 𝘴𝘢 𝘨𝘶𝘢𝘳𝘥𝘢𝘳𝘦 𝘦𝘥 𝘢𝘴𝘤𝘰𝘭𝘵𝘢𝘳𝘦” e si dispiega strofa dopo strofa, catturando fantasia e immaginazione.
Come spesso ricorre nei brani di entrambe gli autori, si parla ai bambini, affinché ascoltino i grandi. Si parla ai piccoli, per aiutarli a diventare grandi e migliori.
Coltivare il seme per ottenere il frutto. Coltivare il talento per ottenere gioia; proprio come nella vignetta di questo primo gennaio, dove il poco, può diventare il tutto in forma concreta, reale, vera.
Bisogna però, iniziare ad abbattere il muro di indifferenza e di egoismo, che spesso guida i nostri comportamenti e avviarsi al ripristino della solidarietà, non come i benaltristi, che tendono a spacciarla come retorica da accatto, liquidando chi la pratica, con etichette di buonismo.
Coltivare semi, far crescere fiori e raccogliere frutti, significa dare vita ai sentimenti, senza doversene vergognare nel nome di un idiota pensiero machista, o peggio ancora, esibirlo in favore di telecamere, in forza del dilagante narcisismo social.
𝗜𝗻 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: 𝘦𝘤𝘰𝘭𝘰𝘨𝘪𝘢 𝘥𝘦𝘭𝘭'𝘢𝘯𝘪𝘮𝘢
𝟯𝟭 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲: “𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲 𝗟𝘂𝗰𝗶𝗼”
Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c'è una grande novità, l'anno vecchio è finito, ormai, ma qualcosa ancora qui non va.
Si esce poco la sera, compreso quando è festa e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra.
E si sta senza parlare per intere settimane e a quelli che hanno niente da dire, del tempo ne rimane.
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno, porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando.</div
Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno, ogni Cristo scenderá dalla croce, anche gli uccelli faranno ritorno.
Ci sarà da mangiare e luce tutto l'anno, anche i muti potranno parlare, mentre i sordi già lo fanno.
E si farà l'amore, ognuno come gli va, anche i preti potranno sposarsi, ma soltanto a una certa età.
E senza grandi disturbi qualcuno sparirà, saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età.
Vedi, caro amico, cosa ti scrivo e ti dico e come sono contento, di essere qui in questo momento...
Vedi, vedi, vedi, vedi, vedi caro amico cosa si deve inventare, per poter riderci sopra, per continuare a sperare.
E se quest'anno poi passasse in un istante, vedi amico mio, come diventa importante, che in questo istante ci sia anch'io.
L'anno che sta arrivando tra un anno passerà, io mi sto preparando, è questa la novità.
-Lucio Dalla, 1979-
𝗜𝗻 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘨𝘳𝘢𝘻𝘪𝘦 𝘓𝘶𝘤𝘪𝘰
-𝗶𝗹 𝗯𝗿𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗱𝗼𝗺𝗲𝗻𝗶𝗰𝗮-
“𝘃𝗶𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝘁𝗲 𝗼 𝘀𝘁𝗮𝗿𝗲 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮”
Gino Paoli, presentando questo brano ad un concerto, ricorda di averlo scritto e dedicato alle Donne.
Se pensiamo che lo scrisse a 54 anni e ne compirà 88 a settembre, avendo maturato ulteriore esperienza, oggi chissà potrebbe arricchire il concetto.
Paoli sicuramente innesca una riflessione valida per chiunque. In generale, possiamo dire che la "sperimentazione sul campo", ha sempre un esito educativo, nel senso che, oltre al rispetto di base dovuto a qualsiasi essere umano, nelle relazioni tutte e quelle sentimentali in specifico, serve la capacità di abbandonare una quota del proprio egoismo, per acquisire una quota dell'egoismo del partner.
Non è un processo automatico e neanche innato. Lo si acquisisce con l’esperienza (come direbbe Paoli), dopo molti esperimenti.
E’ proprio in questo processo, che vengono giustapposti equilibri e dimensioni tra noi e il nostro partner; è qui che il riconoscimento della dignità del rapporto, diventa riconoscenza per l’esserci stati.
Lo mette ben in evidenza esaltando la bellezza comportamentale della propria compagna, nelle strofe: “𝘴𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘵𝘶𝘢 𝘤𝘶𝘳𝘪𝘰𝘴𝘪𝘵𝘢̀ 𝘱𝘦𝘵𝘵𝘦𝘨𝘰𝘭𝘢, 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘤𝘢𝘭𝘥𝘢 𝘭𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘤𝘩𝘪 𝘨𝘪𝘳𝘢 𝘪𝘯𝘵𝘰𝘳𝘯𝘰 𝘢 𝘵𝘦” e lo conferma in: “𝘴𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘪 𝘵𝘶𝘰𝘪 𝘤𝘢𝘱𝘦𝘭𝘭𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘮𝘪 𝘧𝘢𝘯 𝘥𝘢 𝘣𝘶𝘴𝘴𝘰𝘭𝘢, 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘤𝘢𝘱𝘪𝘳𝘦𝘪, 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘪𝘳𝘦𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘱𝘳𝘦𝘯𝘥𝘦𝘳𝘦𝘪, 𝘤𝘩𝘦 𝘰𝘭𝘵𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘯𝘢𝘴𝘰 𝘯𝘰𝘯 𝘤𝘪 𝘷𝘦𝘥𝘰 𝘱𝘪𝘶̀”, fino a portarlo all’ennesima potenza in: “𝘵𝘪 𝘤𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦𝘳𝘦𝘪 𝘴𝘦 𝘵𝘦 𝘯𝘦 𝘢𝘯𝘥𝘢𝘴𝘴𝘪 𝘷𝘪𝘢, 𝘪 𝘵𝘶𝘰𝘪 𝘥𝘪𝘧𝘦𝘵𝘵𝘪 𝘮𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘪𝘯𝘥𝘪𝘴𝘱𝘦𝘯𝘴𝘢𝘣𝘪𝘭𝘪”.
E’ in questa dinamica, che l’esperienza serve per garantire l’equilibrio necessario tra il vivere e il sopravvivere e ovviamente, non importa quale sia il tipo di relazione (sentimentale, amicale) o se si è uomini o donne.
Quando ciò si realizza, l’ossessione per il futuro, lascia il posto al “qui ed ora” da vivere con l’intensità propria del momento, conferendo la dovuta unicità e irripetibilità al rapporto stesso, consentendo l’inizio dapprima omeopatico e via via a dosi adeguate, del trattamento antidolorifico, per il dolore dato dalla probabile perdita, quando essa avverrà.
Ogni rapporto ha sempre un fine e una fine. Prenderne coscienza, ci aiuta a vivere anziché, sopravvivere.
𝗜𝗻 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶:𝘩𝘪𝘤 𝘦𝘵 𝘯𝘶𝘯𝘤
“𝗛-𝗱𝘂𝗲-𝗢”
Terra, vento, fuoco e acqua, sono gli elementi essenziali che accompagnano l’uomo ancor prima del pleistocene, fornendo quella forza propulsiva, in grado di farci compiere le scelte.
Incutono paura, se non li sappiamo governare, sviluppano gioia, quando guidano il nostro sentimento d’amore. Quello che muove da dentro.
Quel vento che accende il fuoco e dona un senso ai nostri piedi piantati nella terra.
Quell’acqua, capace di nutrire la terra idratandola, ma anche di spegnere il fuoco, essendo l’unica capace di sedare il comburente ossigeno, riportando il vento in equilibrio.
Un gioco di incastri fisici e chimici di assoluta necessità, verso i quali dovremmo imparare non sol, a capirne il valore, ma anche il buon utilizzo.
𝗜𝗻 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: 𝘭𝘦𝘨𝘨𝘦𝘳𝘴𝘪 𝘥𝘦𝘯𝘵𝘳𝘰
“𝗹𝗲 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗶𝗰𝗶𝗹𝗶”
Sono quelle che ti studiano bene prima di aprirti il cuore, che non si stancano mai di cercare qualcuno che: “valga la pena”.
Quelle che sanno sentire il dolore degli altri.
Quelle con l'anima vicina alla pelle, che vedono con mille occhi nascosti.
Quelle che sognano a colori.
Quelle che parlano, quando hanno qualcosa da dire.
Quelle che hanno imparato a proteggersi e proteggere.
Quelle che non si accontentano più.
Sono difficili, quelle che sanno distinguere la differenza tra, facile e semplice.
Quelle che, quando la vita non ha alcun sapore, danno sapore alla vita.
Quelle che, tra il fuggire e il restare, scelgono l’Amare.
𝗜𝗻 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶:𝘪𝘮𝘱𝘢𝘳𝘢 𝘥𝘢 𝘭𝘰𝘳𝘰
“𝗶𝗻𝘁𝗲𝗹𝗹𝗶𝗴𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗲𝗺𝗼𝘁𝗶𝘃𝗮”
Quarantatre anni fa proprio ieri, fu varata la legge 833; venne istituito il Servizio Sanitario Nazionale, quella norma che ci rese tutti più uguali nell’usufrutto di un diritto fondamentale, sancito 30 anni prima dalla Costituzione, all’articolo 32.
In sintesi: scomparvero le “casse mutua malattia” consentendo a qualsiasi Cittadino, di usufruire delle cure, quale che fosse il suo reddito o appartenenza di classe sociale.
Una legge di civiltà, che portò lo standard della nostra Sanità, a livelli elevati e invidiati da Paesi solitamente ritenuti più avanzati.
Nonostante i correttivi avvenuti nel tempo e i molteplici tentativi di corrosione della legge 833, i suoi principi ispiratori e il valore etico-sociale, sono però rimasti inalterati.
Inalterati perché difesi nel tempo, sia dai Cittadini che la vollero con forza, sia dagli operatori sanitari che non hanno mai smesso di crederci.
Chi oggi sbraita vestendosi da vittima di una supposta dittatura sanitaria, evidentemente disconosce tutto ciò, forse perché se l’è trovato e non ha dovuto lottare per conquistarlo, oppure, ha la memoria corta, o in ultima analisi, è in malafede.
Non so quale delle tre opzioni sia prevalente, so soltanto che il rispetto civico è un atto d’amore e va perpetrato come salute in senso morale, prima ancora che sanitario e mettere a repentaglio la salute pubblica affidandosi ad apprendisti stregoni, è un pericoloso disvalore.
So che l’articolo 32 della Costituzione non può essere interpretato in base alle convenienze o strumentalizzato dalle paure, ma rispettato come segno di Civiltà.
So che il vaccino non cura ma previene immunizzando, attenua la diffusione microbica e decongestiona le terapie intensive consentendo di non sovraccaricare le strutture ospedaliere che possono dedicarsi alle “cure ordinarie” di tutti gli altri pazienti che nel frattempo, non hanno smesso di essere ammalati.
Se a Natale, questo Natale, si vuole fare un regalo vero, allora doniamo a noi stessi 10 minuti di riflessione, dando la possibilità di esercizio alla nostra intelligenza affinché diventi emotiva, ovvero, sappia utilizzare QI e capacità di problem solving in favore del saper stare.
Saper stare con gli altri.
𝗜𝗻 𝘀𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝗶: saper stare
“𝘀𝗮𝗹𝘃𝗮𝘁𝗲 𝗹𝗲 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗲 𝗮𝗻𝗶𝗺𝗲”
Chi non si è mai cimentato con le radiocomunicazioni o ha avuto a che fare con i sistemi di emergenza, è possibile che non conosca il significato dell’acronimo SOS: “save our souls” ovvero, “salvate le nostre anime”.
E’ la disperata richiesta di allarme, lanciata da coloro che si trovano in condizioni di estrema precarietà e pericolo di vita affinché, se raccolta da qualcuno, possa esitare in un possibile intervento.
In un mondo che corre veloce e sempre più invecchia, emerge un’altra disperata richiesta di allarme. L’allarme generazionale.
Quello che vede tramandare la saggezza tra le generazioni.
Da un lato l’iper connettività e dall’altro, l’edonismo occidentale (negli ultimi decenni), stanno depauperando tale patrimonio, lasciando sempre più spazio a una forma speciale di qualunquistico individualismo, che ci rende aridi, distanti e poveri.
L’educazione serve a fare argine a tale deriva e la progettualità pedagogica, a ricreare le condizioni per il ritorno ad una comunità educante, capace di valorizzare le competenze intellettuali e manuali, usando a proprio favore la tecnologia.
I Latini avevano ben capito il valore dell’ozio, non certo nella accezione che conosciamo, ma nel suo esatto contrario.
L’ozio, inteso come massima aspirazione cui un cittadino potesse ambire. Un mix equilibrato di gusto artistico ed estetico, esercizio fisico, amore per la conoscenza e riflessione critica sul proprio pensare.
Per questo motivo è necessario lanciare un SOS, in grado di attivare un processo virtuoso fatto di lentezza, vecchiezza e saggezza.
In sintesi: καιρός
#IONONODIO
Apriamo la pagina delle "vignette" con quella che ritengo essere la più rappresentativa dal punto di vista etico, secondo le politiche educative perseguite dallo SPP.
Aderire alla campagna #IONONODIO è la rappresentazione concreta dell'essere schierati dalla parte di chi intende adoperarsi per la costruzione valoriale di una società civile.Valori inderogabili che travalicano le istintualità di ognuno di noi e hanno bisogno di un intervento educativo, per essere condotte nella dimensione di equilibrio.
IATROGENESI SOCIALE
La dirompenza dell'utilizzo dei social media, è riuscita in pochi anni, a mettere a nudo le vanità di ognuno di noi.
Trovare oggi, sintesi e confine in un contesto a così elevata complessità, rappresenta una sfida educativa molto importante.
Lo Studio Pedagogico Pavese, ha in merito sviluppato diverse iniziative a carattere formativo rivolte a Insegnanti, Genitori e Studenti.
PLATONE
Oltre 2400 anni orsono, Platone metteva in rilievo una caratteristica che nei secoli, non si è modificata di una virgola.
La prima Vignetta, prende in considerazione il rapporto Cittadino-Politica, ponendo l'accento sulla forza dirompente della PARTECIPAZIONE.
Nonostante i secoli, continuiamo a cadere nella stessa trappola e in questo scenario -ora più che mai- il sistema educativo gioca un ruolo di fondamentale importanza.
La seconda Vignetta mette in evidenza invece, il rapporto dell'Uomo con la GIUSTIZIA.
Rapporto ambiguo e conflittuale da sempre. Rapporto che ne evidenzia da un lato, la consapevolezza sui limiti e dall'altro, la sempiterna tendenza, alla costruzione del proprio tornaconto personale.